Il restauro ecologico è l’insieme di quelle pratiche volte a migliorare o aumentare la quantità e qualità del capitale naturale per le prossime generazioni.
Cosa si intende per restauro ecologico?
Con il termine ‘restauro ecologico’ si intendono tutte quelle azioni rivolte al ripristino di elementi naturali. Questo è un approccio complementare a quello classico della conservazione della natura. In una visione comune e sinergica, le due discipline intervengo per conservare il capitale naturale ad oggi rimasto nelle migliori condizioni possibili.
Inoltre, l’obiettivo è aumentare la quantità e qualità dello spazio a disposizione per l’espansione di questo capitale. In pratica si interviene scientificamente su di un ambiente affinché questo possa recuperare quanto perso in passato (specie, nicchie ecologiche, habitat, funzioni ecosistemiche, etc…) nel lungo termine.
Qui sopra potete vedere uno scorcio di costa ligure, dove padroneggia l’alga Cystoseira, una specie autoctona del Mediterraneo a rischio locale di estinzione in molte parti del suo areale di distribuzione, principalmente a causa del crescente inquinamento.
OutBe sta realizzando un progetto specifico di restauro ecologico su questa alga, dove l’aumento delle popolazioni locali è ottenuto tramite allevamento in laboratorio di piccoli campioni e successiva apposizione di questi su roccia. Il tutto è realizzato tramite azioni di citizen science, nello specifico uscite guidate di coasteering in canoa o kayak.
Perché è importante il restauro ecologico?
La scienza dell’ecologia è relativamente recente. Dopo anni di successi e insuccessi ottenuti con l’approccio classico della conservazione, che molto spesso si limitava a proteggere quanto rimasto, senza preoccuparsi dell’efficacia a lungo termine dell’azione, abbiamo capito come fare un passo ulteriore e realizzare progetti di maggior successo sul lungo periodo, preferendo questi a quelli che garantiscono sì risultati immediati, ma spesso poco lungimiranti.
Con il restauro ecologico, modellando la terra e piantando le piante giuste al posto giusto, si creano i presupposti per una ricolonizzazione spontanea e duratura da parte della fauna e della flora interessate. Si interviene quindi più sul mondo vegetale che su quello animale, ma infine si finisce per favorire tutta la biodiversità in un colpo solo.
E’ quindi un approccio olistico e sostenibile, importante per costruire una visione intergenerazionale comune di rigenerazione del paesaggio e delle sue ricchezze.
Quali sono alcuni esempi di restauro ecologico?
Tra le centinaia oggi esistenti, alcuni esempi di realtà che attuano azioni di restauro ecologico comprendono:
- Il programma europeo LIFE, finanziato dall’Unione Europea, che raccoglie idee e progetti ambientali che riguardano tanto opere di conservazione quanto di restauro;
- Il progetto internazionale Re:Wild, che concentra opere di restauro a scala di paesaggio in contesti centro- e sud-americani, africani e del sud-est asiatico;
- Il progetto europeo Rewilding Europe, che concentra opere di restauro a scala di paesaggio in contesti europei, Italia compresa (vedi rewiling Apennines nell’Appennino centrale);
- Il progetto spagnolo Go Setos, che si occupa di creare fasce di vegetazione importanti per gli impollinatori, e che è stato tra gli ispiratori principali del progetto analogo di OutBe;
- Il progetto spagnolo Olivares Vivos, che si occupa di creare piantagioni di olivo più ospitali per la biodiversità e più sicure per gli agricoltori.
Restauro ecologico e OutBe
OutBe offre servizi di tutela e miglioramento del territorio, in un’ottica tuttavia duplice e complementare: restauro unito alla conservazione del capitale naturale. Con questo concetto, si vuole intendere che non basta più limitarsi a conservare quanto rimasto, ma occorre fare un passo ulteriore e cominciare a rigenerare quanto perduto, laddove necessario e laddove possibile.
OutBe offre l’opportunità di creare piccoli spazi artificiali da naturalizzare in aree circoscritte. Che siano stagni circondati da prato e siepe, oppure lunghe fasce di vegetazione (siepi e aiuole) tra campi o fabbriche. Creiamo micro-habitat utili per tutelare luoghi di riproduzione, rifugio e alimentazione per quella biodiversità associata. Nel primo caso, agli ambienti umidi (progetto stagni), e nel secondo al polline (progetto impollinatori).
Il progetto stagni vuole infatti proteggere la categoria della biodiversità italiana più minacciata al momento, insieme a quella degli ambienti dunali e litoranei, ossia quella dei vertebrati e invertebrati semi-acquatici strettamente dipendenti da acque dolci ferme.
Il progetto impollinatori, dall’altra parte, mira a tutelare un’altra categoria della biodiversità oggi fortemente minacciata, ossia quella degli impollinatori meno considerati, che comprendono tra gli altri farfalle, coleotteri, mosche e api selvatiche (non solo api domestiche!).
Entrambi i progetti mirano a unire realtà agricole o industriali, ospitanti gli spazi da creare, con realtà esterne sponsorizzatrici, attraverso l’obiettivo comune di una biodiversità più resiliente e diffusa sul territorio Italiano (e non solo).
Lo strumento principe per la realizzazione di questo obiettivo è un uso scientificamente ponderato e logisticamente duraturo della citizen science, attraverso le varie fasi di realizzazione ed evoluzione degli spazi semi-naturali da crearsi e monitorare.